I terremoti sono eventi che ogni anno incidono sull’assetto della crosta terrestre.
Questi movimenti, che sono fisiologici per la Terra, si registrano quotidianamente, con intensità diverse, in tutto il mondo.
Il principale provvedimento normativo italiano, sul problema del rischio sismico, è stato adottato con la legge n.64 del 2 febbraio 1974 “Provvedimenti per le costruzioni, con riferimento alle zone sismiche”.
Con tale legge si prevedeva l’aggiornamento della classificazione e delle norme tecniche costruttive in funzione di nuove conoscenze sulla genesi e sull’azione dinamica esercitata sulle strutture dall’azione sismica.
I comuni, dichiarati sismici, erano classificati tali, in base a decreti legislativi e, ad essi venivano assegnati un grado di sismicità (6,9,12) ed uno Spettro di Risposta in base a dati ricavati da studi sismologici.
Fino ai primi anni ’80, venivano inseriti in un elenco apposito, tutti i nuovi comuni colpiti da terremoti nell’elenco, dando loro un grado di sismicità “S” a seconda dell’intensità macrosismica.
Dal grado di sismicità S, successivamente si determinava semplicemente il coefficiente di intensità sismica “c”, inteso come percentuale dell’accelerazione di gravità g, mediante formula (c = S-2 / 100).
Gli studi di carattere sismologico e geofisico, a seguito dei diversi terremoti verificati in Italia, contribuirono ad un'importante conoscenza del fenomeno sismico, questo fece conseguire una nuova classificazione sismica introdotta dal CNR, tradotta in diversi decreti.
La normativa antisismica nazionale non prevedeva inizialmente l’esecuzione di studi ed indagini indirizzati alla zonazione sismica di territori ristretti,come ambiti comunali ed intercomunali.
Oltretutto lo spettro di risposta elastico veniva determinato senza tenere conto delle caratteristiche geologico - sismiche del sito oggetto d'intervento.
Tutto ciò ha costituito inizialmente un problema per gli Enti locali in fase di programmazione e pianificazione del territorio.
La sola Macrozonazione non risultava sufficiente ad individuare le reali condizioni di pericolosità.
Sulla base del terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, che produsse produsse la distruzione di interi centri abitati (Calitri, Bisaccia, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora, S.Mango, ecc.), evidenziarono tutte le criticità delle scelte urbanistiche fino ad allora operate, in tema di protezione sismica, aggiornando così norme più restrittive che lo Stato, pose in essere, con l’art. 20 della Legge n.741 del 10-12-1981, delegando alle Regioni il compito di emanare le norme per l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali e particolareggiati vigenti, nonché i criteri per la formazione degli strumenti urbanistici ai fini della prevenzione del rischio sismico.
A questo punto molte regioni tra le quali una delle prime e stata la Campania (legge 9/83), si dotarono di proprie normative che introducevano i criteri e le indagini per la redazione di mappe di Micro zonazione comunale, per le progettazioni urbanistiche a carattere generale, e di Caratterizzazione sismica dei siti, per le progettazioni esecutive, nei comuni dichiarati sismici.
A seguito, di nuovi eventi sismici, il Legislatore ha emanato nel 2003 nuove norme antisismiche, le quali nuove norme sono state introdotte con l’Ordinanza n. 3274 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 20 marzo 2003 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in data 08/05/2003.
L’Ordinanza, contiene modifiche sostanziali in termini di riclassificazione delle zone a rischio sismico e di criteri costruttivi.
L’aggiornamento contiene non solo le mappe stilate con le modifiche riportate dai vari decreti succedutosi nel tempo, ma anche una rielaborazione basata su nuovi criteri dettati dalle Commissioni istituite ad hoc.
Negli ultimi anni il punto di riferimento per la valutazione della pericolosità sismica nell’area italiana è stata la zonazione sismo genetica ZS4 (Meletti et al. , 2000; Scandone e Stucchi, 2000).
Gli studi più recenti in materia di sismo genesi ne hanno però evidenziato alcune incoerenze, e hanno verificato la sua scarsa compatibilità con il catalogo dei terremoti CTPI (GdL CPTI,1999).
Da un sostanziale riconsiderazione della zonazione ZS4, è stata sviluppata nel 2004 una nuova zonazione sismo genetica, denominata ZS9, alla luce delle nuove evidenze di tettoniche attiva e delle valutazioni sul potenziale sismo genetico acquisite negli ultimi anni.
Per quanto riguarda la Campania e più in generale, l’Appennino Meridionale (zone da 56 a 64 in ZS4 e zone da 924 a 928 in ZS9), si nota che la geometria delle sorgenti è stata notevolmente modificata rispetto a ZS4.
La zona 927 (Sannio – Irpinia - Basilicata) comprende l’area caratterizzata dal massimo rilascio di energia legata alla distensione generalizzata che dà circa 0.7 ma sta interessando l’Appennino meridionale. Questa zona comprende tutte le precedenti zone localizzate lungo l’asse della catena montuosa, fino al massiccio del Pollino.
Il meccanismo di fagliazione individuato per questa zona e normale e le profondità ipocentrali sono comprese tra gli 8 e 12 km.
La zona 57 di ZS4, corrispondente alla costa tirrenica, e stata quasi integralmente cancellata, in quanto il GdL INGV (2004) ritiene che la sismicità di quest’area non sia tale da permettere una valutazione affidabile dei tassi di sismicità e, comunque, il contributo che verrebbe da tale zona sarebbe trascurabile rispetto agli effetti su questa stessa area delle sorgenti nella zona 927.
La parte rimanente della zona 57, insieme alla zona 56 sono rappresentate dalla zona 928 (Ischia - Vesuvio), che include l’area vulcanica napoletana con profondità ipocentrali comprese nei primi 5 km.
Per quanto riguarda la mappa di pericolosità sismica elaborata dall’INGV (AA. VV. , 2004) nella nostra Regione sono presenti 8 classi di amax, con valori che variano gradualmente tra 0.075g lungo la costa a 0.275 nell’area dell’Irpinia,ad eccezione delle aree vulcaniche Vesuvio - Ischia - Campi Flegrei dove si hanno valori mediamente compresi tra 0. 175g e 0.200g.
Dalla mappa della pericolosità si passerà alla definizione di nuove zone sismiche lasciando alle Regioni il compito di formare ed aggiornare gli elenchi dei Comuni classificati.
In particolare, un criterio specificato dall’OPCM 3274 (Art 2. comma h), e quello di evitare disomogeneità nelle zone di confine tra i vari Comuni e, cosa di particolare rilevanza, quello di definire Sottozone nell’ambito dei territori comunali in relazione alla caratteristiche geolitologiche e geomorfologiche di dettaglio.
Criterio quest’ultimo che e alla base della Micro zonazione del territorio comunale come già era disposto dalle normative emanate dalla Regione Campania dalla L.R.9/83.
Una novità della classificazione sismica del 2003 consiste nella suddivisione del territorio nazionale in 4 zone omogenee cui corrisponde un’accelerazione di riferimento variabile da meno di 0,05 g nella quarta zona fino a 0,35 g nella prima zona.
Come precedentemente accennato, la legislazione italiana precedente ripartiva il territorio nazionale in aree (Macrozone) Comunali sismiche di I, II e III categoria, alla quale veniva assegnato un “grado di sismicità S” pari, rispettivamente, a 12, 9 e 6.
Il grado di sismicità consentiva di calcolare il “coefficiente di intensità sismica c”, con la semplice relazione: c = (S- 2)/100.
Questo coefficiente rappresentava la massima accelerazione (espressa in termini di accelerazione di gravita “g”) alla quale si vuole che i manufatti rispondano elasticamente.
Le nuove iniziative legislative non solo hanno modificato l’assegnazione di categoria per i vari comuni, ma, hanno modificato anche i criteri di suddivisione della varie Macrozone nel territorio nazionale sia in termini di numero di zone che di accelerazione di picco al suolo per le singole zone.
In realtà, come più volte sottolineato, tali disposizioni non costituiscono ancora uno strumento di programmazione del territorio comunale in prospettiva di rischio sismico e non possono essere intese come strumento unico nella costruzione dello spettro di risposta elastico riferito al sito di dettaglio.
Ad esempio, nel caso di programmazione territoriale, a livello comunale o intercomunale, e indispensabile tener conto della presenza di lineamenti strutturali attivi o attivabili dall’azione sismica (fratture, faglie) o di situazioni geomorfologiche o di altro tipo (instabilità dei versanti, fenomeni di liquefazione, particolari morfologie, ecc.) che, se gravi ed almeno in prima approssimazione, possono o no escludere un’area da destinazioni urbanistiche di tipo produttivo, residenziale, ecc.; tutte problematiche queste che vanno affrontate e valutate in sede di Micro zonazione del territorio comunale.
Classificazione sismica del 2002 dei Comuni della Regione Campania.
Zona 1, valore di ag=0.
35g - Zona 2, valore di ag=0.
25g - Zona 3, valore di ag=0.
15g.
In particole il Comune di Monte di Procida ricade in zona con media sismicità, nonostante l'imminente vicinanza della caldera dei campi flegrei, con un valore S=9.
In merito alla Vulnerabilità degli edifici (pubblici, privati, strategici, monumentali, etc.) e delle infrastrutture strategiche, dovrà essere valutata successivamente attraverso criteri con livelli di approfondimento differenti.
Per quanto attiene agli edifici strategici, la valutazione delle prestazioni sotto sisma va comunque effettuata ed eventuali interventi di miglioramento/adeguamento vanno inseriti prioritariamente nei programmi ordinari o straordinari di intervento.
Inoltre, un’indagine generale sulle condizioni di vulnerabilità dell’intero edificato e indispensabile ai fini della valutazione degli scenari di danno.
Il livello di dettaglio di tali analisi deve essere coerente con il livello di conoscenza conseguito nelle stime degli altri parametri concorrenti.
In ambito di Piano di Emergenza Comunale ci sì e limitati alla individuazione cartografica di tutti gli edifici comunali.
Di seguito, vengono fornite indicazioni su alcuni degli strumenti attualmente disponibili per l'acquisizione e la raccolta di dati finalizzati alle analisi di vulnerabilità dell'edilizia ordinaria.
Tali metodologie non sono da ritenersi esaustive e si riferiscono a livelli di conoscenza del patrimonio abitativo ricadente nel territorio comunale.
Resta fermo che l’Ente Comune potrà scegliere gli strumenti che riterrà più idonei, in relazione alle risorse che intende mettere in campo ed all'accuratezza delle analisi che si prefigge.
1. Utilizzo della base dati ISTAT attraverso opportune interpretazioni dei parametri in chiave di vulnerabilità sismica (analisi di questo tipo sono stati effettuati dal SSN);
2. Analisi speditive di vulnerabilità per comparti attraverso il "Protocollo Guidato d'Intervista" e/o altri strumenti speditivi (schede semplificate di vulnerabilità utilizzate nell'ambito di alcuni progetti LSU a cura del DPC/SSN/GNDT, analisi aerofotogrammetriche, etc.);
3. Analisi a tappeto dell'edificato attraverso l'utilizzo delle schede di 1° e di 2° livello GNDT per il rilevamento dell’esposizione e della vulnerabilità degli edifici; 4.
Analisi strutturali vere e proprie sui singoli edifici.
Indagini per il censimento delle reti viarie e tecnologiche, dei beni culturali (in particolare delle emergenze monumentali), delle infrastrutture produttive (in particolare degli impianti a rischio di incidente Comune di Monte di Procida (NA) Piano di Protezione Civile Pagina | 38 rilevante) possono essere avviate, provvedendo – qualora nell’immediato non siano possibili approfondimenti sulla vulnerabilità – almeno ad individuare i bacini di utenza e a valutare i disservizi possibili per aree di bacino riferite a rami di rete.
Per tutti i sistemi a rete (elettricità, acqua, telefoni) vanno considerate almeno le interferenze con possibili frane e per le traverse interne della viabilità primaria, va tenuto conto dell’interferenza di possibili crolli di edifici prospettanti la sede viaria.
In merito a quest’ultimo aspetto, dato il particolare tessuto urbano, va trattata con particolare attenzione la problematica della presenza di auto in sosta lungo le arterie stradali a sede ridotta, probabile ostacolo per il transito dei mezzi di soccorso in occasione di evento sismico.
Queste possono diventare ostacoli insormontabili anche se danneggiate da eventuali crolli.
Dovrà, quindi, essere garantita la viabilità in tutte le strade comunali, ed in particolare lungo la rete della Viabilità di Piano, arterie che assumeranno particolare ruolo in occasione di un evento calamitoso.